La rappresentazione del mare nelle grandi storie
Oggi vogliamo darci un tono e fare un viaggio nell’immaginazione, un viaggio letterario.
Da sempre il mare alimenta leggende ma anche storie di fantasia – oggi si chiama storytelling – di grandissimi autori, storie capaci di entrare nell’immaginario comune e tenerci uniti. Come del resto fa il mare stesso, che unisce coste che senza di lui non sarebbero mai collegabili.
Da “Robinson Crusoe” a “Il vecchio e il mare” fino a “La tempesta” di Shakespeare, vediamo cosa significa il mare per i grandi autori.
Il mare come prova di scienza e raziocinio
Qui arriva il momento dei grandi classici.
In assoluto la primissima opera letteraria che ci viene in mente è “Robinson Crusoe” (1719), di Daniel Defoe. La storia di questo naufrago che per 28 anni resta fermo su un’isola deserta insieme all’autoctono Venerdì è oggi uno dei romanzi più rappresentativi dei temi della sopravvivenza, dell’ingegnosità umana. È il romanzo in cui il mare rappresenta l’ostacolo da superare, ma non con la forza: con l’intelligenza e l’ingegno.
Simile all’ingegno che Defoe mette nella testa di Crusoe è quello del Capitano Nemo, il protagonista del fortunato romanzo di Jules Verne, “Ventimila leghe sotto i mari”. A bordo del suo sottomarino Nautilus, il Capitano Nemo esplora le profondità dei mari con il tipico animo di quel momento storico (il 1870): scientifico, razionale, avveniristico. Ancora una volta, il mare è il rappresentante di una natura che non può essere combattuta con la forza bruta ma solo con l’ingegno, la macchinazione e l’innovazione scientifica e tecnologica.
La filosofia si specchia nel mare
Ma non solo avventura. Il mare è tradizionalmente visto anche come la superficie su cui grandi personaggi hanno fatto specchiare le proprie domande esistenziali, i propri dubbi, paure. È il caso di “Moby Dick” di Herman Melville, il romanzo del 1851 che affronta l’ossessione, il desiderio di ottenere qualcosa. Ahab, il protagonista della storia, insegue la grande balena bianca in uno sconfinato infinito dato dal mare, soccombendo al potere inarrestabile della natura. È il romanzo del desiderio ossessivo e mai raggiungibile.
Ma anche il grande Ernest Hemingway ci mette del suo: nel 1952 pubblica il romanzo breve che gli varrà il Premio Pulitzer, “Il vecchio e il mare”, la storia di un pescatore cubano che lotta con il fallimento: sono 84 giorni che non riesce a pescare neanche un pesce e quando, finalmente, gli riesce di prendere una preda, ecco che tornando a riva i pescecani gliela spolpano. Torna sulla terraferma con solo una lisca, ma non prima di averci regalato una delle meditazioni più belle e profonde sulla forza della volontà umana.
Il mare, teatro del soprannaturale
Il mare è anche il luogo insondabile in cui è facile incontrare la magia. Come, ad esempio, in “Pirati dei Caraibi”, la fortunatissima saga cinematografica con protagonista Johnny Depp nei panni del Capitano Jack Sparrow che per anni, dal 2003, ci ha portato a spasso in luoghi esotici, mai visti prima, fra creature mitologiche e streghe. Ecco, se volete un po’ di azione venata da elementi di commedia, questo è il film per voi.
Oppure, ancora, volendo tornare alle storie più classiche, si può optare per uno Shakespeare ispiratissimo ne “La tempesta”. L’opera teatrale ha, infatti, come protagonista il duca di Milano, Prospero, un mago che con le sue arti magiche invoca la potenza del mare per provocare una tempesta e mettere in moto eventi che riporteranno sua figlia Miranda a casa.
Il mare: dove tutto si perde e si ritrova
Non possiamo non concludere questa breve avventura nei capolavori marittimi senza citare il dramma oceanico per eccellenza, “Titanic”. Nel film di James Cameron, che ha avviato definitivamente la carriera di Leonardo Di Caprio e Kate Winslet, si ricostruisce e si romanza molto la storia del vero Titanic, la nave affondata dopo la collisione con un iceberg. Il film del 1997 è uno dei momenti più alti della moderna tecnologia cinematografica per l’uso degli effetti speciali. Perché il mare è sì fonte di ispirazione per alcune delle più belle storie che ci accompagnano nella nostra cultura, ma è anche estremamente complesso da riprodurre. E forse sta proprio in questo la sua bellezza, nell’impossibilità di poterne riprodurre perfettamente la sua maestosità e il suo mistero.